In cosa consiste la psicoanalisi?
Introduzione
Cosa fa lo psicoanalista con il suo paziente? Cosa gli chiede di fare per raggiungere lo scopo della cura? Proverò a rispondere cercando di illustrare concretamente in cosa consiste la psicoanalisi prendendo in considerazione l’agire e la pratica psicoanalitici, perché ci si aspetti che funzioni e che obiettivi si pone.
Mi sono già occupato di spiegare in cosa consiste la psicoterapia, in particolare in cosa consiste la psicoanalisi sotto altri punti di vista, ovvero cercando di rispondere a domande sul perché funziona o attraverso quali meccanismi. Qui considererò un punto differente e che ha a che fare con quanto accade concretamente durante le sedute di psicoanalisi.
Per comprendere in cosa consiste la psicoanalisi ci si può intanto riferire a quanto affermato da Freud quando curò la voce “psicoanalisi” per un’enciclopedia. Scriveva allora che per psicoanalisi si intendono tre cose: 1) uno specifico procedimento tecnico volto ad esplorare i processi psichici; 2) un metodo terapeutico basato su questa indagine; 3) una serie di conoscenze psicologiche che sono state acquisite in questo modo e che sono confluite in un più ampio corpus teorico disciplinare. (1922)
Qui mi occuperò prevalentemente del primo punto. Questo procedimento di per sé e nella sua essenza è rimasto invariato dalla sua prima formulazione. In particolare è rimasto tendenzialmente invariato il compito e la parte che viene data al paziente, mentre la parte che riguarda l’analista è rimasta invariata solo per alcuni aspetti mentre per altri si è profondamente evoluta. In particolare si sono profondamente evoluti gli strumenti che l’analista impiega per esplorare i processi psichici dal momento che questi si basano proprio le conoscenze psicologiche che nel frattempo sono state acquisite (punto 3).
Per svolgere questo tema, prenderò in considerazione unicamente gli scritti di Sigmund Freud, laddove parla esplicitamente di questo argomento, ovvero del procedimento tecnico impiegato nel corso delle sedute per esplorare i processi psichici e delle sue vicissitudini. Tuttavia, per comprendere la tecnica sarebbe utile, sempre limitandosi ai soli scritti di Freud, considerare anche altre due fonti. Una è il procedimento tecnico per l’analisi del significato dei sogni; l’altra sono i casi clinici riferiti da Freud (in particolare il caso di Dora, dell’uomo dei topi e dell’uomo dei lupi). Il procedimento tecnico per l’interpretazione dei sogni è difatti molto simile a quello impiegato per ogni altro processo psichico con il pregio di illuminare meglio le leggi del funzionamento dei processi inconsci. L’analisi dei casi clinici potrebbe invece aiutare a comprendere concretamente le vicissitudini della tecnica, ovvero gli inciampi, le resistenze del paziente e come l’analista le può utilmente impiegare ai fini della cura. Per ragioni di spazio, prenderò in considerazione solo gli scritti in cui Freud espone in modo esplicito i principi tecnici.
Psicoterapia o psicoanalisi?
Un altro aspetto importante, e che è rimasto sostanzialmente invariato, è la differenza tra la tecnica psicoanalitica e le psicoterapie basate sulla suggestione:
“tra la tecnica della suggestione e quella analitica esiste la più grande antitesi, quell’antitesi che il grande Leonardo da Vinci ha compendiato, per quanto riguarda le arti, nelle formule “per via di porre” e “per via di levare”. La pittura, dice Leonardo, opera “per via di porre”: essa applica cioè piccole masse di colore là dove prima non c’erano, sulla tela incolore; la scultura, per contro procede “per via di levare”, ossia toglie dal blocco di pietra quel tanto che copre la superficie della statua in esso contenuta.” (1904)
La bella metafora di Leonardo ripresa in questa nota citazione di Freud, aiuta a comprendere la differenza tra le tecniche suggestive, ovvero le psicoterapie basate su prescrizioni, consigli, insegnamenti, esercizi (analoghe alle masse di colore da applicare sulla tela) e le tecniche analitiche, ovvero il tentativo di giungere e mettere in evidenza gli aspetti autentici della persona. Ovviamente è una metafora di per sé suggestiva che finisce per esaltare degli aspetti ed occultarne altri. Affianco a questa metafora, Freud difatti non nasconde che anche la psicoanalisi può poggiare su delle forze suggestive e avere necessità di educare il paziente in certi ambiti. Viceversa afferma anche che la scelta di una tecnica piuttosto che un’altra dipende dalla peculiarità del paziente: per continuare la metafora la psicoanalisi non si può applicare se il blocco di pietra è così duro da non poter essere scalfito, o viceversa così morbido e mutevole da rendere impossibile il sopraggiungere ad una forma stabile e duratura.
Ad ogni modo il punto fondamentale è che la tecnica della psicoanalisi funziona solo e soltanto se gli aspetti della suggestione sono messi in evidenza e controllati nel rapporto tra paziente e terapeuta. Lo scopo della cura è permettere al paziente di entrare in contatto con gli aspetti più autentici di sé e questo si può ottenere solo se vi è garanzia che questo non sia effetto della suggestione.
In Cosa Consiste la Psicoanalisi: Cosa viene chiesto al paziente?
Come detto più sopra, l’indicazione che l’analista fornisce al paziente in relazione a ciò che deve fare nel corso del trattamento, è rimasta invariata dalle prime formulazioni di Freud fino ai giorni nostri. Questa indicazione è stata da Freud definita “regola psicoanalitica (o tecnica) fondamentale”, definizione che compare in realtà solo circa vent’anni dopo il suo primo utilizzo nella pratica terapeutica con i suoi pazienti. L’invito è quello di dire tutto quanto passa nella mente, senza reprimere o omettere alcun pensiero, idea o immagine. Questo anche se appare senza alcuna concatenazione logica con il discorso, se appare non pertinente o irrilevante, se appare sgradevole o imbarazzante. L’invito è di porsi in uno stato di concentrazione rilassata, evitando distrazioni, per osservare i propri processi mentali, il loro scorrere e susseguirsi senza operare alcuna funzione critica volta alla spiegazione o comunicazione all’analista.
Ecco alcuni estratti dagli scritti di Freud che nel corso degli anni descrivono questa prescrizione per il trattamento:
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“ordinavo ai pazienti di sdraiarsi e di chiudere spontaneamente gli occhi, per ‘concentrarsi’ […] emergevano ricordi nuovi e risalenti ancor più indietro connessi col nostro argomento
“Questo lavoro si svolge anzitutto con ‘l’insistere’, con l’impiego di una costrizione psichica per indirizzare l’attenzione del paziente verso le tracce delle rappresentazioni cercate
“egli vedrà dinanzi a sé come immagine, o gli verrà in mente come idea, un ricordo, e gli impongo di comunicarmi tale immagine o tale idea, quali essi siano. Egli non deve tenerla per sé perché forse ritenga che non sia la cosa cercata, la cosa giusta, o perché gli sia troppo sgradevole dirla. Nessuna critica, nessuna riserva, per motivi di affetto o di disprezzo!
“il vantaggio del metodo stia nel fatto che in questo modo dissocio l’attenzione del paziente dalla sua ricerca e riflessione cosciente, in breve da tutto ciò in cui può esprimersi la sua volontà, similmente a quello che accade nel guardar fisso dentro una sfera di cristallo
Da “Metodo psicoanalitico freudiano” (1903)
“Una tale seduta procede quindi come un colloquio tra due persone ugualmente deste, una delle quali si risparmia qualsiasi sforzo muscolare e ogni impressione sensoria che possa distrarla e distogliere la sua attenzione dal concentrarsi sulla propria attività psichica.
“rinunciando all’ipnosi … veniva ora a mancare quell’ampliamento della coscienza … Freud trovò un tale sostituto, del tutto sufficiente, nelle idee improvvise dei malati, vale a dire in quei pensieri involontari, percepiti perlopiù come molesti e quindi eliminati in circostanze normali, i quali sogliono incrociare il corso di una narrazione conseguente. Per impadronirsi di queste idee improvvise, egli esorta i pazienti a lasciarsi andare ai propri racconti, “come si fa, ad esempio, in una conversazione in cui si salta di palo in frasca”. Prima di invitarli a narrare dettagliatamente la storia della propria malattia, egli raccomanda vivamente di dire tutto quello che passa loro per il capo, anche se ritengono che sia irrilevante, o che non c’entri, o che sia assurdo. Ma con particolare insistenza esige che non omettano alcun pensiero o idea improvvisa perché la comunicazione riesce loro imbarazzante o penosa.
Da “Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico” (1912)
“Non è giusto porre dei compiti all’analizzato, dirgli di raccogliere i suoi ricordi, di riflettere su un determinato periodo della sua vita …
Da “Inizio del trattamento” (1913)
“è indifferente con che materiale si inizia il trattamento, se con la biografia del paziente, la storia della sua malattia o i suoi ricordi di infanzia. In ogni caso bisogna cominciare in modo da lasciar parlare il paziente e rimettere al suo arbitrio la scelta del punto di partenza … in un punto il suo racconto deve differenziarsi da una comune conversazione. Mentre Lei di solito cerca, giustamente, di tener fermo nella Sua esposizione il filo del discorso e ricacciare tutte le idee improvvise e i pensieri secondari che lo intralciano, per non saltare, come si dice di palo in frasca, qui deve procedere in modo diverso … dica proprio perché sente un’avversione a dire … si comporti … come un viaggiatore che segga al finestrino di una carrozza ferroviaria e descriva a coloro che si trovano all’interno il mutuare del panorama
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 19 Resistenza e rimozione” (1915-17)
“Imponiamo al malato di mettersi in uno stato di tranquilla autosservazione … Gli raccomandiamo vivamente di seguire sempre e soltanto la superficie della sua coscienza …
Da “Due voci di enciclopedia: Psicoanalisi e Teoria della Libido” (1922)
“si avvia il trattamento invitando il paziente ad assumere un atteggiamento di autoosservazione attenta e spassionata, a leggere di volta in volta sempre e soltanto la superficie della propria coscienza, e a impegnarsi da un lato a essere completamente sincero e dall’altro a non escludere dalla comunicazione nessuna idea improvvisa, neppure quando: 1) la dovesse avvertire come troppo sgradevole; 2) dovesse reputarla insensata; 3) troppo irrilevante; 4) non pertinente a ciò che si ricerca. Accade regolarmente che proprio le idee improvvise che provocano le obiezioni testé menzionate si rivelino di particolare valore per la scoperta del materiale dimenticato
In Cosa Consiste la Psicoanalisi: Come risponde il paziente e quali sono le sue resistenze?
Di fronte all’invito dell’analista a seguire la regola tecnica fondamentale si incontrano le prime difficoltà: il paziente non sa bene cosa dire, come scegliere cosa dire e cosa no, non gli viene in mente nulla, non sa bene a cosa gli porterà seguire questa regola, etc. L’analista si trova allora nella posizione di dover insistere, in altri casi di dover difendere la validità del metodo, in altri ancora si troverà di fronte alle difficoltà più eterogenee. L’insieme di queste difficoltà comportano un certo lavoro, impegno e sforzo da parte dell’analista. Qui nasce il concetto di dinamica: dal momento in cui è necessaria una certa forza per favorire il flusso delle idee, pensieri o immagini significa che vi è nel paziente una forza contraria che vi si oppone. Questa forza che analista e paziente esperiscono in seduta (resistenza) corrisponde ad una forza interna alla psiche del paziente che si oppone al riemergere dei ricordi (rimozione, o difesa).
Ecco cosa dice Freud:
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“poiché questa insistenza [ad associare liberamente] mi costava fatica e suggeriva l’interpretazione che io dovessi superare una resistenza, ne trassi senz’altro la teoria che col mio lavoro psichico dovessi superare nel paziente una forza psichica, la quale si opponeva a che le rappresentazioni patogene diventassero coscienti (fossero cioè ricordate). Una nuova intelligenza mi parve sorgere in me quando mi venne in mente che poteva trattarsi della medesima forza psichica che aveva cooperato alla genesi del sintomo isterico, impedendo allora che la rappresentazione patogena diventasse cosciente
“queste rappresentazioni: erano tutte di natura penosa, idonee a provocare gli affetti della vergogna, del rimprovero, del dolore psichico, della menomazione, e nell’insieme tali che si preferirebbe non averle vissute e che si vorrebbe piuttosto dimenticare. Da tutto questo emerse spontaneamente l’idea della difesa
“Nell’Io del malato si era introdotta una rappresentazione che si era dimostrata insopportabile, che aveva suscitato da parte dell’Io una forza ripulsiva, il cui scopo era la difesa contro quella rappresentazione insopportabile … la rappresentazione era stata scacciata dalla coscienza e dalla memoria, e apparentemente la sua traccia psichica non era più ritrovabile. Questa traccia doveva tuttavia esserci
“È … un indizio del successo della difesa il fatto che le rappresentazioni patogene nella loro ricomparsa sembrino così poco importanti. Si può vedervi indicato in che cosa sia consistito il processo di difesa: è consistito nel fare della rappresentazione forte una rappresentazione debole, strappandole l’affetto
“La resistenza del paziente si manifesta nel fatto che i contesti si spezzano, le soluzioni rimangono assenti, le immagini ricordate si presentano confuse e incomplete. Quando da una fase ulteriore di analisi si guarda indietro alle fase precedenti, ci si meraviglia spesso di come fossero mutilate tute le idee e le scene che si sono strappate al paziente col procedimento della pressione. Vi mancava proprio l’essenziale, la relazione con la persona o con l’argomento, e l’immagine pertanto restava incomprensibile
Da “Metodo psicoanalitico freudiano” (1903)
“Se si insiste affinché il narratore colmi con uno sforzo dell’attenzione queste lacune della propria memoria, si nota che le idee improvvise che si presentano al riguardo vengono da lui respinte con tutti i mezzi della critica, finché, quando il ricordo torna realmente, egli finisce per provare un vero disagio. Da questa esperienza Freud deduce che le amnesie sono il risultato di un processo che egli chiama rimozione e di cui individua il motivo in sentimenti spiacevoli. Le forze psichiche che hanno provocato questa rimozione possono essere percepite, a suo avviso, nella resistenza che si solleva contro il riproporsi del ricordo
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 19 Resistenza e rimozione” (1915-17)
“La resistenza si presenta adesso come resistenza intellettuale, combatte argomentando, si impadronisce delle difficoltà e delle inverosomiglianze che un ingegno normale, ma non informato, trova nelle dottrine analitiche … Dalla resistenza del nevrotico ossessivo dobbiamo aspettarci una tattica particolare. Egli lascia spesso che l’analisi prosegua indisturbata per la sua strada, col risultato di illuminare vieppiù gli enigmi del suo male; alla fine, però ci meravigliamo che a questo chiarimento non corrisponda alcun progresso pratico, alcuna attenuazione dei sintomi.
Giungiamo allora a scoprire che la resistenza si è ritirata sulla posizione di dubbio propria della nevrosi ossessiva, e di qui ci tiene testa con successo. L’ammalato si è detto all’incirca: “Sì, tutto questo è bello, interessante, e lo continuo anche volentieri. Se fosse vero, cambierebbe radicalmente la mia malattia. Ma io non credo che sia vero, e finché non lo credo non ha niente a che fare con la mia malattia.
In Cosa Consiste la Psicoanalisi: Come l’analista ascolta e pensa a ciò che ascolta?
Ora, superate in qualche modo le prime e più superficiali resistenze emerge da quanto dice il paziente del materiale piuttosto confuso, eterogeno e non immediatamente comprensibile. Come l’insieme di ciò che si ascolta viene recepito e rielaborato dall’analista costituisce l’ambito in cui la psicoanalisi si è maggiormente sviluppata negli anni ed è tuttora in evoluzione. Attraverso le peculiarità delle connessioni del materiale si sono potuti descrivere diversi fenomeni connessi al funzionamento dell’inconscio; dal modo in cui queste connessioni vengono spezzate o deformate si sono fatte ipotesi sul funzionamento delle difese; dal modo in cui questo materiale risuona nell’analista, le associazioni mentali che produce in lui si sono fatte ipotesi sui processi comunicativi inconsci. Non è possibile riportare qui tutto ciò. L’indicazione tecnica è quella di considerare questo materiale sotto l’influsso dei processi inconsci, per la cui conoscenza, riconoscimento e decodifica è necessaria sia una preparazione teorica che un approfondito tirocinio pratico.
Nei primi anni Freud ricorreva ad un espediente che poco dopo abbandonò: esercitava una lieve pressione sulla fronte del paziente per favorire l’emergere di nuove idee o immagini improvvise. L’intento alla base di questa tecnica era quello di approfondire le associazioni che emergevano spontaneamente: raggiungere uno “strato più interno”. In seguito, il modo cui ricorse per raggiungere gli strati più profondi fu solo quello dell’interpretazione.
Dagli scritti di Freud
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“la rappresentazione patogena apparentemente dimenticata si trova già pronta “nelle vicinanze”, ed è raggiungibile mediante associazioni facilmente producibili; si tratta soltanto di eliminare qualche ostacolo. Questo ostacolo sembra essere … la volontà del paziente
“frequentemente emerge una rappresentazione che, nella catena delle associazioni, è un anello intermedio fra la rappresentazione di partenza e quella patogena cercata
“Nel ritorno di immagini, il compito è in genere più facile che non con i pensieri. Gli isterici, che per lo più sono dei visivi, non fanno tante difficoltà all’analista come le persone con idee ossessive
“Il materiale psichico … si presenta come una formazione pluridimensionale, a stratificazione per lo meno triplice. … Esiste anzitutto un nucleo di ricordi (di esperienze o sequenze di pensieri), nei quali il fattore traumatico è culminato o l’idea patogena ha trovato la sua più pura manifestazione. Attorno a questo nucleo si trova una quantità spesso incredibilmente ricca di altro materiale mnestico … disposto … in tre modi. È anzitutto evidente una disposizione cronologica lineare, che si realizza all’interno di ogni singolo tema. … rendono difficile il lavoro dell’analisi per la loro particolarità di invertire, nella riproduzione l’ordine di successione originario; l’esperienza più recente … viene per prima
“Questi temi tuttavia presentano un secondo tipo di disposizione: essi sono … stratificati concentricamente attorno al nucleo patogeno. … Sono strati di uguale resistenza, crescente nella direzione del nucleo; e quindi zone di uguale modificazione della coscienza, e in cui si estendono i singoli temi. Gli strati più periferici contengono, dei vari temi, quei ricordi … che si rammentano facilmente e sono sempre rimasti chiaramente coscienti … in prossimità del nucleo s’incontrano quei ricordi che il paziente anche riproducendoli, rinnega.
“va menzionato anche un terzo tipo di disposizione, il più essenziale, e su cui è più difficile dire qualche cosa di generale. È la disposizione secondo il contenuto di pensiero, il legame dato dal filo logico che giunge fino al nucleo e che tende a segnare una propria via … Questa disposizione ha un carattere dinamico, in contrasto con quello morfologico delle due stratificazioni sopra indicate. … La connessione logica corrisponde non soltanto a una linea spezzata a zigzag, ma piuttosto a una linea ramificata, e più precisamente a un sistema di linee convergenti. Esso ha punti nodali nei quali due o più fili s’incontrano per proseguirne uniti; e al nucleo fanno capo in genere più fili aventi andamenti tra loro indipendenti
“Si comincia col far narrare al malato quel che egli sa e ricorda, orientando già in questa fase la sua attenzione e superando le più lievi resistenze mediante il procedimento della pressione … Gli vengono ora in mente un gran numero di reminiscenze senza che occorra porgli domande o compiti; ci si è insomma aperta la strada verso uno strato più interno, nell’ambito del quale il paziente dispone ora spontaneamente di materiale che ha tutto un’uguale resistenza. Si fa bene a lasciare che per un poco egli riproduca senza essere influenzato. Egli non è naturalmente in grado di scoprire da solo importanti connessioni, ma si può lasciargli il compito di scavare nell’ambito del medesimo strato. Le cose che egli produce in tal modo sembrano spesse sconnesse, ma forniscono tuttavia il materiale che verrà vivificato da una connessione riconosciuta in seguito
“D’altra parte, non si deve neppure sopravvalutare la sua “intelligenza” inconscia, lasciandole la direzione di tutto il lavoro. Per ridurre a uno schema il metodo di lavoro … ci si assume l’apertura di strati interiori, la penetrazione in senso radiale, mentre il paziente si occupa dell’estensione periferica.
“La penetrazione, infatti, si realizza superando la resistenza … Ci si trova in principio davanti a essa come davanti a un muro, che sbarra la vista e non lascia sospettare se vi sia qualche cosa al di là e cosa sia.
“Quando … si esamina … la rappresentazione che si è ottenuta dal paziente … si scoprono infallibilmente in essa lacune e difetti. Qua la connessione è visibilmente interrotta ed è rabberciata dal malato con un modo di dire o con un’informazione insufficiente; là si incontra una giustificazione che in una persona normale si dovrebbe dire molto debole … Il medico ha però ragione di cercare dietro questi punti deboli il passaggio al materiale degli strati più profondi, di sperare di trovare proprio qui i fili del nesso che insegue con il procedimento della pressione
“È per me … un principio assoluto … che siamo tenuti ad accettare tutto quello che con i nostri mezzi portiamo alla luce. Quand’anche vi fosse incluso qualche elemento non genuino o errato, il contesto ci insegnerebbe in seguito a escluderlo.
Da “L’impiego dell’interpretazione dei sogni nella psicoanalisi” (1911)
“è della massima importanza per il trattamento conoscere in ogni momento la superficie psichica del malato, essere orientati sul tipo di complessi e di resistenze che si attivano in lui di volta in volta e su quale reazione cosciente rispetto ad essi orienterà il suo comportamento”
Da “Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico” (1912)
“consiste semplicemente nel non voler prendere nota di nulla in particolare nel porgere a tutto ciò che ci capita di ascoltare la medesima “attenzione fluttuante [altri traduttori ed interpreti di questo passaggio hanno in realtà inteso questa formula nel senso di dare uguale valore a tutto quanto il paziente dice] … se ci si concentra con particolare intensità su un brano, se ne trascura un altro, e si seguono nella scelta le proprie aspettative … si corre il rischio di non trovare mai niente che non si sappia già … accade per lo più di ascoltare cose il cui significato viene riconosciuto in seguito
“Come si vede, la norma di prender nota di ogni cosa in modo uniforme, è il corrispettivo necessario di quanto si pretende dall’analizzato … dall’osservanza della “regola psicoanalitica fondamentale”
“Si tenga lontano dalla propria attenzione qualsiasi influsso della coscienza e ci si abbandoni completamente alla propria “memoria inconscia”
“il comportamento giusto da parte dell’analista consisterà nell’oscillare, secondo la necessità, da un atteggiamento psichico a un altro, nel non indulgere a speculazioni e a elucubrazioni fintantoché analizza e nel sottoporre al lavoro intellettuale di sintesi il materiale ricavato soltanto dopo che l’analisi è conclusa
Da “Inizio del trattamento” (1913)
“mi abbandono io stesso, mentre ascolto al flusso dei miei pensieri inconsci”
Da: “Costruzioni nell’analisi” (1937)
“sappiamo che i suoi sintomi e le sue inibizioni sono la conseguenza di tali rimozioni, e che dunque sono il sostituto di quello che ha dimenticato. Che tipo di materiale ci mette egli a disposizione, il cui utilizzo ci consenta di portarlo sulla strada del recupero dei ricordi perduti? Molteplici e svariate cose: frammenti di questi stessi ricordi nei suoi sogni, in sé di valore incomparabile, ma di norma gravemente deformati ad opera di tutti quei fattori che concorrono alla formazione onirica; idee improvvise che egli produce quando si abbandona alla “libera associazione”, nelle quali possiamo rintracciare alcune allusioni agli episodi rimossi e alcune propaggini dei moti affettivi repressi nonché delle reazioni contro di essi; infine indizi di ripetizioni degli affetti relativi al rimosso si riscontrano nelle azioni ora relativamente importanti, ora insignificanti che egli compie, sia all’interno sia all’esterno della situazione analitica. Abbiamo sperimentato che il rapporto di traslazione che si istituisce nei confronti dell’analista è particolarmente idoneo a promuovere il ritorno di relazioni affettive di tal fatta. Da questo materiale grezzo – se così possiamo chiamarlo – dobbiamo tirar fuori ciò che ci interessa.
“L’analista deve scoprire, o per essere più esatti costruire il materiale dimenticato a partire dalle tracce che quest’ultimo ha lasciato dietro di sé
“Tutto l’essenziale si è preservato, perfino ciò che sembra completamente dimenticato è ancora presente in qualche guisa o da qualche parte, solo che è sepolto, reso indisponibile all’individuo. Com’è noto si può addirittura dubitare che una formazione psichica qualsivoglia possa davvero andar soggetta a completa distruzione. Se si riuscirà o meno a portare compiutamente alla luce il materiale nascosto è solo un problema di tecnica analitica
“per l’analisi la costruzione è soltanto un lavoro preliminare
In Cosa Consiste la Psicoanalisi: Cosa dice l’analista?
Come già accennato più sopra, il compito dell’analista è quello di favorire la libera associazione rimuovendo tutti gli ostacoli che questa può incontrare. Nel momento in cui l’analista, dall’ascolto del materiale, riesce a cogliere un senso implicito, nascosto o deformato, può iniziare ad ipotizzare delle interpretazioni fino a costruire delle scene che più si avvicinano alla verità storica che il paziente ha rimosso. Negli anni, e nei diversi sviluppi della psicoanalisi, si sono riconosciuti diversi e altri fini della cura. Ad esempio si è sempre più considerato il libero fluire delle associazione qualcosa che ha valore di per sé: l’associazione libera da strumento o mezzo di indagine, diviene di per sé fine della cura. La capacità di associare liberamente senza gli ostacoli dei meccanismi difensivi è infatti garanzia di un pensiero funzionale, creativo, maturo ed integrato. Altri approcci hanno sottolineato l’importanza che il paziente conosca e riconosca i modi in cui distorce o deforma i propri processi di pensiero, come se ne difende: dal momento che è l’Io ad agire inconsciamente queste difese, dal momento che ne diviene consapevole sarà un Io più funzionale. Questi sviluppi non sono presenti in modo esplicito in Freud. Sono invece proposti i mezzi tecnici, tuttora validi, per favorire l’andamento della libera associazione nel paziente. Questi consistono nel fornire al paziente delle interpretazioni del materiale del paziente per favorire che ciò che non è ancora cosciente in lui, possa divenire tale. È importante cogliere il momento giusto per proporre un’interpretazione: perché possa essere efficace deve, oltre ad essere corretta, anche sufficientemente vicina alla coscienza del paziente. La valutazione di efficacia dell’interpretazione si basa sull’effetto che questa ha sul paziente, ovvero se questa conduce a nuove e più ampie associazioni o meno.
Vediamo in particolare:
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“Ogni volta il lavoro si inceppa, sempre tornano a sostenere che questa volta non venuto loro in mente nulla. Non si deve prestare loro fede, si deve sempre supporre e anche affermare che sono essi a trattenere qualche cosa perché credono sia privo di importanza o perché è loro penoso
“Questo lavoro si svolge anzitutto con “l’insistere”, con l’impiego di una costrizione psichica, per indirizzare l’attenzione del paziente verso le tracce delle rappresentazioni cercate. Però non si esaurisce in questo
“In ogni analisi piuttosto complicata si agisce ripetutamente, anzi in modo continuativo, con l’aiuto di questo procedimento (la pressione esercitata sulla fronte), che talora, a partire dal punto dove le associazioni coscienti del paziente cessano, indica la via ulteriore attraverso ricordi rimasti noti; talaltra richiama l’attenzione su collegamenti caduti in oblio, ridestando e ricollegando ricordi che, pur sottratti da molti anni all’associazione, sono tuttavia ancora riconoscibili come ricordi; e infine, nella sua funzione riproduttiva culminante, fa emergere pensieri che il paziente non vuole assolutamente riconoscere mai come i propri e che egli non ricorda, benché ammetta che essi risultano in modo irricusabile dalle connessioni, e venga persuadendosi che proprio queste rappresentazioni portano alla conclusione dell’analisi e alla cessazione dei sintomi
“La procedura della pressione non è altro che un artificio per sorprendere per un po’ l’Io che si trova in atteggiamento difensivo; in tutti i casi più seri, l’io si riprende e prosegue la propria resistenza
“In questi stadi avanzati del lavoro risulta utile, quando s’indovini la connessione, comunicarla al paziente prima di averla scoperta. Se si è indovinato giusto, si accelera il corso dell’analisi; ma anche con un’ipotesi erronea ci si aiuta a progredire, obbligando il paziente a prendere posizione e provocando in lui energici rifiuti che già tradiscono una sua sicura conoscenza più esatta
“Ci si convince così con stupore di non essere in grado di imporre al paziente cosa alcuna intorno a ciò che sostiene di non sapere, o d’influenzare i risultati dell’analisi stimolando la sua aspettazione
“Un inserirsi di immagini mnestiche irrilevanti, che siano in qualche modo associate a quelle valide, a rigore non si verifica mai.
Da “Metodo psicoanalitico freudiano” (1903)
“Se si possiede un procedimento che permette di giungere alle idee a ciò che è stato rimosso, dalle deformazioni a ciò che è stato deformato, allora si può rendere accessibile alla coscienza, anche senza l’ipnosi, quanto era prima inconscio nella vita psichica.
Su questa base Freud ha sviluppato un’arte di interpretazione cui compete la funzione di separare, per così dire, dal materiale grezzo delle idee inintenzionali il materiale puro dei pensieri rimossi
Da “Le prospettive future della terapia psicoanalitica” (1910)
“La cura consiste in due parti: ciò che il medico arguisce e dice al malato, e l’elaborazione da parte del malato di ciò che ha udito. Il meccanismo del nostro intervento terapeutico è infatti facilmente intellegibile: forniamo al paziente la rappresentazione anticipatoria cosciente (l’idea di ciò ch’egli può aspettarsi di scoprire) e, sulla base dell’affinità con quest’ultima, egli scopre in sé la rappresentazione inconscia rimossa
“All’epoca della cura catartica ci ponevamo come meta il chiarimento dei sintomi; indi ci distogliemmo dai sintomi e al loro posto ci ponemmo come meta la scoperta dei “complessi” … ora invece indirizziamo lo sforzo direttamente verso il ritrovamento e il superamento delle “resistenze” e confidiamo giustamente che i complessi appariranno senza difficoltà appena le resistenze saranno riconosciute ed eliminate. … nei pazienti maschi le resistenze alla cura più rilevanti sembrano provenire dal complesso paterno e risolversi in paura del padre, in arroganza contro il padre e in incredulità verso il padre
Da “Inizio del trattamento” (1913)
“Anche in stadi ulteriori del trattamento si dovrà usare prudenza, al fine di non comunicare la soluzione di un sintomo o la traduzione di un desiderio prima che il paziente non vi si trovi talmente vicino da dover fare soltanto un breve passo ancora per impadronirsene egli stesso
Da “Ricordare, ripetere e rielaborare” (1914)
“l’attuale rigoroso procedimento tecnico per cui il medico rinuncia alla rilevazione di un singolo momento o problema e si accontenta di studiare gli elementi superficiali che si presentano di volta in volta nella psiche del paziente, utilizzando la tecnica interpretativa essenzialmente per riconoscere le resistenze che a proposito di questi elementi si verificano e per renderle accessibili alla coscienza dell’ammalato. Si stabilisce così una nuova specie di divisione del lavoro: il medico scopre le resistenze ignote all’ammalato; e, solo in seguito al superamento di queste resistenze l’ammalato, spesso senza alcuna fatica, racconta le situazioni e le connessioni dimenticate.
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 19 Resistenza e rimozione” (1915-17)
“quale specie di impulsi psichici soggiacciono alla rimozione? Da quali forze viene essa attuata? Per quali motivi? In proposito abbiamo finora accertato una sola cosa. Nell’indagine sulla resistenza abbiamo appreso che essa ha origine da forze dell’Io, da particolarità note e latenti del carattere
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 27 La Traslazione” (1915-17)
“Nel far procedere l’inconscio fino alla coscienza, noi aboliamo le rimozioni, eliminiamo le condizioni per la formazione dei sintomi, trasformiamo il conflitto patogeno in un conflitto normale che deve trovare in qualche modo una risoluzione
“La nostra conoscenza dell’inconscio non ha lo stesso valore della sua conoscenza; se noi comunichiamo al paziente la nostra conoscenza, egli non la pone al posto del suo inconscio, ma accanto a questo; e il cambiamento che ne risulta è minimo … dobbiamo andare a cercarlo nel ricordo del paziente, là dove è venuto a formarsi mediante una rimozione
“Per prima cosa, la ricerca della rimozione, poi l’eliminazione della resistenza che sostiene questa rimozione
“La resistenza è stata prodotta dal controinvestimento nato per rimuovere l’impulso sconveniente. Facciamo adesso la stessa cosa che cercavamo di fare all’inizio: interpretare, scoprire e comunicare; ma ora la facciamo nel luogo giusto. Il controinvestimento o resistenza non appartiene all’inconscio, ma all’Io, che coopera con noi, e ciò anche se la resistenza non dovesse esser cosciente … Ci aspettiamo dunque che questa resistenza venga abbandonata e il controinvestimento ritirato quando ne avremo reso possibile all’Io il riconoscimento con la nostra interpretazione … Non vi è dubbio che all’intelligenza del malato riesce più facile riconoscere la resistenza e trovare la traduzione corrispondente al rimosso se gli abbiamo dato le adeguate rappresentazioni anticipatorie
Da “Vie della terapia psicoanalitica” (1918)
“I sintomi e le manifestazioni patologiche del paziente – come tutte le sue attività psichiche – hanno un carattere altamente composito; gli elementi di questa composizione sono in definitiva motivazioni, moti pulsionali. Ma il malato o non conosce affatto questi fattori, o li conosce solo in modo assai insufficiente. Ebbene noi gli insegniamo a capire la composizione di queste formazioni psichiche complicatissime, riconduciamo i sintomi ai moti pulsionali che li hanno originati, dimostriamo come nei sintomi stessi siano presenti questi fattori pulsionali che il malato ha finora ignorato
“cosa c’è di più naturale dell’esigenza che il nostro aiuto si esprima anche nel far sì che questi stessi elementi si combinino in lui in un modo nuovo e migliore?
“nella vita psichica abbiamo a che fare con correnti che tendono coattivamente all’unificazione e alla combinazione. Una volta che siamo riusciti a scomporre un sintomo, a liberare un moto pulsionale da un determinato contesto, esso non resta isolato, ma entra subito in un contesto nuovo
“le diverse forme patologiche di cui ci occupiamo non possono essere curate tutte quante con la stessa tecnica … Prendete l’esempio di un agorafobo … si ha successo solo se si riesce a indurre i malati, con l’influenza dell’analisi, … a uscire per strada e, durante questi tentativi, a lottare con l’angoscia … solo quando avrà raggiunto questo risultato voluto dal medico, il malato potrà produrre quelle associazioni e quei ricordi che consentiranno la risoluzione della fobia.
Un atteggiamento di attesa passiva appare ancora meno indicato in quei difficili casi di azioni ossessive che tendono in genere a un processo di guarigione “asintotico” e a protrarre indefinitamente la durata del trattamento … qui la giusta tecnica può consistere solo nell’attendere che la cura medesima abbia acquistato un carattere coattivo, per poi reprimere violentemente la coazione patologica avvalendosi di questa controcoazione
Da “Inibizione, Sintomo e Angoscia” (1925)
“Noi rendiamo cosciente la resistenza se essa come accade sovente, è inconscia in conseguenza della connessione con il rimosso; le opponiamo argomentazioni logiche quando o dopo che è diventata cosciente;
Da: “Costruzioni nell’analisi” (1937)
“L’analista porta a termine un brano della costruzione, lo comunica all’analizzato affinché produca su di lui i suoi effetti, indi costruisce un altro brano a partire dal nuovo materiale che affluisce e procede poi con questo allo stesso modo; così in tale alternanza va avanti fino alla fine
“L’interpretazione si riferisce a ciò che si intraprende con un singolo elemento del materiale: un’idea improvvisa, un atto mancato e così via. Una “costruzione” si dà invece quando si presenta all’analizzato un brano della sua storia passata e dimenticata
“se una volta ci siamo sbagliati e abbiamo presentato al paziente come probabile verità storica una costruzione inesatta, ciò non reca alcun danno … ciò che accade in questi casi è che il paziente rimane come impassibile, e non reagisce né con un “sì” né con un “no” alla costruzione prospettatagli … ci è lecito trarre la conclusione che ci siamo sbagliati e alla prima occasione opportuna lo ammetteremo col paziente … Tale occasione si presenta quando affiora del nuovo materiale che consente una costruzione migliore e con ciò stesso la rettifica del nostro errore
“non assumiamo un “no” dell’analizzato in tutto il suo valore; ma altrettanto poco valore diamo a un suo “sì” … Il suo “sì” ha un valore solo se è seguito da convalide indirette, ossia se il paziente subito dopo il “sì” produce nuovi ricordi che integrano e ampliano la costruzione
“il “no” dell’analizzato è altrettanto polivalente … Giacché tutte queste costruzioni sono incomplete, giacché esse colgono soltanto piccoli brani di ciò che è accaduto ed è stato dimenticato, siamo liberi di supporre che l’analizzato non sconfessi propriamente ciò che gli è stato comunicato ma che invece tenga ferma la sua opposizione in base a quella parte di verità che non è ancora stata scoperta … L’unica interpretazione sicura del suo “no” rinvia dunque all’incompletezza; certamente la costruzione non gli ha detto tutto
La traslazione
Fin da subito Freud constatò che ad un certo punto dell’analisi, la resistenza del paziente agiva attraverso il trasferimento del materiale rimosso sulla persona dell’analista. Il paziente, invece di ricordare, riproduceva nel rapporto con l’analista il materiale rimosso. Questa formula semplice, quasi matematica, divenne una pietra angolare della psicoanalisi ma in realtà si rivelò tutt’altro che semplice ed ancora oggi (fortunatamente) sono più gli interrogativi che suscita delle risposte che fornisce. Con la traslazione si apre una vera e propria aria di ricerca che permette alla psicoanalisi di curare in vivo i conflitti del paziente che altrimenti apparterrebbero solo al passato. Il punto tecnico evidenziato da Freud, e da allora rimasto invariato, è che ciò che non rendiamo cosciente finiamo per ripeterlo con le nostre azioni e nelle nostre relazioni. Al tempo stesso questa ripetizione si rivela un’insostituibile opportunità per la cura, dal momento che fornisce al paziente l’occasione di correggere qualcosa che continua a farlo soffrire.
Ecco alcuni passaggi dagli scritti di Freud:
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“È possibile, tuttavia anche un terzo caso, che ha pure il significato di un ostacolo, non relativo però al contenuto, ma esteriore. Questo caso si verifica quando è turbato il rapporto fra paziente e medico, ed è l’ostacolo peggiore che si possa incontrare. Tuttavia si avrà a che fare con esso in ogni analisi piuttosto seria
“questo ostacolo si verifica in tre casi principali.
1) … quando la paziente si crede trascurata, poco stimata, insultata …
2) Quando la paziente viene presa dal timore di abituarsi troppo alla persona del medico, di perdere la propria indipendenza nei suoi confronti, e persino di poterne dipendere sessualmente. …
3) Quando la paziente si spaventa per il fatto di trasferire sulla persona del medico le rappresentazioni penose che emergono dal contenuto dell’analisi. Ciò è frequente, e anzi in alcune analisi è un fatto generale. La traslazione sul medico avviene per falso nesso
“questa traslazione non implicava un notevole aumento di lavoro. Per la paziente, il lavoro rimaneva lo stesso: si trattava sempre di sormontare l’affetto penoso per aver potuto nutrire per un istante desideri del genere, mentre sembrava indifferente per il successo che essa prendesse come tema del suo lavoro questo rifiuto psichico nel caso storico o in quello recente con me
Da “Le prospettive future della terapia psicoanalitica” (1910)
“Abbiamo acquisito la consapevolezza della “controtraslazione” che insorge nel medico per influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci
Da “Dinamica della traslazione” (1912)
“[nei nevrotici] la traslazione […] si tramuti nel mezzo più forte della resistenza”
“condizione preliminare, regolare e indispensabile, dell’insorgere di tutte le psiconevrosi è il processo che Jung ha definito appropriatamente introversione della libido”
“la parte della libido capace di giungere alla coscienza e rivolta alla realtà viene ridotta, mentre la parte distolta dalla realtà e inconscia, che eventualmente può ancora alimentare le fantasie del soggetto ma appartiene all’inconscio, viene nella stessa misura aumentata. La libido si è data (totalmente o in parte) alla regressione e ha rianimato le imagines infantili
“tutte le forze che hanno dato origine alla regressione della libido si solleveranno come “resistenze” contro il lavoro analitico … Se infatti l’introversione o regressione della libido non fosse stata giustificata da una determinata relazione con il mondo esterno (o, detto in termini più generali, dalla frustrazione del soddisfacimento) e se essa non fosse stata addirittura vantaggiosa in quel momento, non si sarebbe potuta realizzare affatto. Le resistenze che hanno questa origine non sono però le sole e nemmeno le più forti.”
“Quando ci si avvicina a un complesso patogeno, la parte del complesso idonea alla traslazione viene sempre spinta avanti per prima nella coscienza, e difesa con il più grande accanimento.”
“l’intensità e la perseveranza della traslazione siano effetto ed espressione della resistenza”
“Bisogna decidersi a distinguere una traslazione “positiva” da un’altra “negativa”, la traslazione di sentimenti affettuosi da quella di sentimenti ostili, e a trattare separatamente i due tipi di traslazione sul medico. La traslazione positiva si scompone poi a sua volta in traslazione di sentimenti amichevoli o affettuosi, capaci di pervenire alla coscienza, e in traslazione delle propaggini di tali sentimenti nell’inconscio … essi risalgono regolarmente a fonti erotiche … e si sono sviluppate da brame puramente sessuali attraverso un’attenuazione della meta sessuale
“la traslazione sul medico è idonea alla resistenza nella cura se si si tratta di traslazione negativa o di traslazione positiva di impulsi erotici rimossi. Se “eliminiamo” la traslazione rendendola cosciente, non facciamo altro che distogliere queste due componenti dell’atto emotivo dalla persona del medico; l’altra componente capace di giungere alla coscienza e irreprensibile, continua a sussistere ed è in psicoanalisi portatrice di successo
“gli impulsi inconsci non intendono essere ricordati, come la cura vorrebbe, bensì tendono a riprodursi in modo corrispondente all’atemporalità e alla capacità allucinatoria dell’inconscio. Come nel sogno, il malato attribuisce attualità e realtà agli esiti del risveglio dei suoi impulsi inconsci; egli vuole mettere in atto le sue passioni senza tenere conto della situazione reale. Il medico vuole obbligarlo a inserire questi impulsi emotivi nel contesto del trattamento e in quello della storia della sua vita, a sottoporli a considerazione intellettuale e a identificarli secondo il loro valore psichico. Questa lotta tra medico e paziente, tra intelletto e vita pulsionale, tra conoscenza e volontà di agire si svolge quasi esclusivamente nell’ambito dei fenomeni di traslazione
Da “Inizio del trattamento” (1913)
“questa misura [l’uso del lettino che permette all’analista di non essere visto mentre ascolta il paziente] … ha lo scopo e ottiene l’esito di evitare l’impercettibile commistione fra traslazione e libere associazioni del paziente, di isolare la traslazione e farla affiorare a suo tempo in modo spiccatamente delineato sotto forma di resistenza
“Ora, fintanto che le comunicazioni e le idee improvvise del paziente si susseguono senza interruzione, si lasci intatto il tema della traslazione. Per questa procedura più delicata di qualsiasi altra, si aspetti che la traslazione si sia fatta resistenza
“Quando è il momento di svelargli il significato recondito delle sue idee improvvise, di introdurlo ai presupposti e alle procedure tecniche dell’analisi? … Non prima che si sia instaurata nel paziente una efficace traslazione
“Le quantità d’affetto richieste per superare le resistenze vengono fornite mobilitando le energie disponibili per la traslazione … il trattamento merita la denominazione di psicoanalisi solo quando l’intensità della traslazione è impiegata per vincere le resistenze.
Da “Ricordare, ripetere e rielaborare” (1914)
“[in alcuni casi] l’analizzato non ricorda assolutamente nulla degli elementi che ha dimenticato e rimosso, e che egli piuttosto li mette in atto. Egli riproduce quegli elementi non sotto forma di ricordi, ma sotto forma di azioni; li ripete, ovviamente senza rendersene conto
“il paziente non si libererà, finché rimane in trattamento, da questa “coazione a ripetere” e alla fine ci si rende conto che proprio questo è il suo modo di ricordare
“il rapporto tra questa coazione a ripetere con la traslazione e la resistenza
“ripete sotto le condizioni impostegli dalla resistenza … ripete tutto ciò che, provenendo dalle fonti di quanto in lui vi è di rimosso, si è già imposto alla sua personalità manifesta: le sue inibizioni, i suoi atteggiamenti inservibili, i tratti patologici del suo carattere
Da “Osservazioni sull’amore di traslazione” (1914)
“le uniche vere e serie difficoltà consistono nel modo di impiegare la traslazione
“tutto ciò che ostacola la prosecuzione della cura può rivelarsi espressione della resistenza
“la [traslazione] si tratti come qualche cosa di irreale, come una situazione che deve verificarsi durante la cura e va fatta risalire alle sue cause inconsce, aiutando in tal modo a ricondurre alla coscienza e quindi al controllo della paziente gli elementi latenti della sua vita amorosa
“Si mette anzitutto in rilievo l’inequivocabile apporto della resistenza a questo “amore”
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 19 Resistenza e rimozione” (1915-17)
“Le resistenze intellettuali non sono le peggiori; su di esse si riesce sempre ad avere il sopravvento. Il paziente però, pur rimanendo entro l’ambito dell’analisi, sa anche creare resistenze il cui superamento è tra i compiti tecnici più difficili. Invece di ricordare, egli ripete quegli atteggiamenti e impulsi emotivi della sua vita passata che, tramite la cosidetta “traslazione”, possono essere impiegati per resistere al medico e alla cura
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 27 La Traslazione” (1915-17)
“la traslazione insorge nel paziente sin dall’inizio del trattamento e rappresenta per un certo tempo il suo fattore più intensamente propulsivo
“la malattia del paziente … non è qualcosa di concluso, di cristallizzato … L’inizio della cura non pone fine a questo sviluppo ma, appena la cura si è impadronita del malato, avviene che l’intera neoproduzione della malattia si riversa su un solo punto, ossia sul rapporto col medico … Non appena la traslazione è assurta a questa importanza, il lavoro sui ricordi dell’ammalato passa decisamente in secondo piano
“l’uomo è accessibile solo in quanto è capace di investimenti libidici oggettuali, e abbiamo valide ragioni per riconoscere e temere nelle dimensioni del suo narcisismo una barriera alla sue influenzabilità
“dobbiamo renderci conto che nella nostra tecnica abbiamo abbandonato l’ipnosi solo per riscoprire la suggestione nella forma della traslazione
Da “Introduzione alla Psicoanalisi: lezione 28 La terapia analitica” (1915-17)
“possiamo descrivere la differenza fra la suggestione ipnotica e quella psicoanalitica … la terapia ipnotica cerca di ricoprire e mascherare qualcosa nella vita psichica, quella analitica di mettere allo scoperto e allontanare qualcosa … si serve della suggestione per modificare l’esito di questi conflitti … La cura analitica impone … un lavoro … per abolire le resistenze interne … Questo lavoro di superamento è la funzione essenziale della cura analitica; il malato deve compierlo e il medico glielo rende possibile con l’ausilio della suggestione, operante nel senso di una educazione
“Nei successi che subentrano troppo presto scorgiamo piuttosto ostacoli che incoraggiamenti al lavoro analitico, e distruggiamo nuovamente questi successi, dissolvendo di continuo la traslazione sulla quale sono basati. In fondo, è quest’ultimo tratto che distingue il trattamento analitico da quello puramente suggestivo e libera i risultati analitici dal sospetto di essere successi dovuti a suggestione. In ogni altro trattamento suggestivo la traslazione viene accuratamente risparmiata, lasciata intatta; nel trattamento analitico è essa stessa oggetto del trattamento e viene scomposta in ognuna delle sue forme.
“La parte decisiva del lavoro consiste nel ricreare, all’interno del rapporto con il medico, cioè della “traslazione”, nuove edizioni di quei vecchi conflitti in relazione ai quali l’ammalato vorrebbe comportarsi come si è comportato a suo tempo, mentre invece lo si costringe a decidersi altrimenti, chiamando a raccolta tutte le forze psichiche in lui disponibili
La rielaborazione
Cosa avviene dopo che sono state rese note le resistenze? Dopo che il paziente le ha riconosciute anche come parte del suo agire nei rapporti con gli altri? Inizia il lavoro di rielaborazione. Sembra essere un lavoro in cui i legami e le connessioni del pensiero, finora spezzati e deformati dal loro permanere nell’inconscio, possono riallacciarsi e fornire all’Io un materiale nuovo e più solido. Tuttavia Freud indica diversi e nuovi ostacoli che si incontrano in questa fase, non ci sono solo le resistenze dell’Io date dalla rimozione e dalla traslazione, ma anche le resistenze date dal “tornaconto secondario della malattia” (il soddisfacimento relativo che una malattia può fornire); le resistenze dell’Es: ovvero la tendenza a ripetere dei modelli inconsci, a non rinunciare ai modelli del passato e l’opposizione a legare l’energia psichica secondo rappresentazioni coscienti e più integrate; ed infine la resistenza del Super-io, descritta come l’esigenza inconscia di punirsi. Questi sono tutti spunti che Freud ha lasciato in eredità e su cui tuttora la psicoanalisi si occupa di fornire nuovi contributi.
Ecco alcuni passaggi:
Da “Per la psicoterapia dell’isteria” (1895)
“L’organizzazione patogena non si comporta tanto come un corpo estraneo, quanto piuttosto come un’infiltrazione. Quale elemento infiltrante si deve assumere, in questa similitudine, la resistenza. La terapia, infatti, non consiste nell’estirpare qualche cosa – la psicoterapia non è attualmente in grado di far questo, – ma nel liquidare la resistenza, aprendo così la via alla circolazione in una regione anteriormente sbarrata
“ciò che viene portato alla luce da tali strati più profondi, finisce con l’essere riconosciuto e accettato, spesso però soltanto dopo un periodo di esitazioni e ripensamenti
Da “Psicoanalisi “selvaggia”” (1910)
“Non è un tale “non sapere” per sé stesso il fattore patogeno, ma la radice di questo “non sapere” nelle resistenze interne del malato, le quali in un primo tempo hanno provocato il “non sapere” e ora fanno in modo che esso permanga. Il compito della terapia sta nel combattere queste resistenze.
“In primo luogo, che l’ammalato, attraverso una preparazione, sia giunto egli stesso in prossimità di quanto è stato da lui rimosso; inoltre, che il suo attaccamento al medico (traslazione) siua giunto a un punto tale da far sì che il rapporto sentimentale con lui renda impossibile il rinnovarsi della fuga
Da “Ricordare, ripetere e rielaborare” (1914)
“dalla semplice menzione della resistenza non può risultare la sua immediata scomparsa. Si deve lasciare all’ammalato il tempo di immergersi nella resistenza a lui ignota, di rielaborarla, di superarla persistendo, a dispetto di essa, nel suo lavoro che si attiene alla regola psicoanalitica fondamentale. Solo quando la resistenza è giunta a tale livello è possibile scoprire, in collaborazione con l’analizzato i moti pulsionali rimossi che la alimentano; il paziente può infatti rendersi conto dell’esistenza e della potenza di questi moti in base a quanto è venuto sperimentando. Perciò il medico non ha altro da fare che attendere e lasciare che si svolga un decorso che non può essere evitato né sempre accelerato. Se egli si attiene a ciò, potrà risparmiare a se stesso l’erronea impressione di essersi arenato quando invece ha condotto il trattamento per la via giusta
“Da un punto di vista teorico la rielaborazione delle resistenze può essere equiparata a quell’ “abreazione” degli ammontari affettivi incapsulati dalla rimozione senza la quale il trattamento ipnotico rimaneva inefficace
Da “Vie della terapia psicoanalitica” (1918)
“dobbiamo lasciare che il malato cerchi da solo di liquidare le resistenze che gli abbiamo mostrato? Non possiamo dargli ancora un altro aiuto, a parte l’impulso che egli riceve dalla traslazione?
“Nella misura del possibile, la cura analitica dev’essere effettuata in stato di privazione, di astinenza
Da “Inibizione, Sintomo e Angoscia” (1925)
“Noi rendiamo cosciente la resistenza se essa come accade sovente, è inconscia in conseguenza della connessione con il rimosso; le opponiamo argomentazioni logiche quando o dopo che è diventata cosciente … fase di “rielaborazione” … una volta abolita la resistenza dell’Io, resta da superare la forza della coazione a ripetere, cioè l’attrazione dei modelli inconsci sul processo pulsionale rimosso, e non vi è nulla da obiettare se si vuole indicare questo fattore come resistenza dell’inconscio
“Approfondendo … abbiamo da lottare contro cinque tipi di resistenze, che provengono da tre parti, e cioè dall’Io, dall’Es, e dal Super.io, laddove l’Io risulta essere la fonte di tre di queste forme, diverse nella loro dinamica. La prima di queste tre resistenze dell’Io è la resistenza di rimozione … Da essa si distingue la resistenza di traslazione, che è della stessa natura, ma che nell’analisi si manifesta in modo diverso … è riuscita a stabilire una relazione con la situazione analitica o con la persona dell’analista, e ha perciò potuto ravvivare in un certo senso ex novo una rimozione che doveva invece essere semplicemente ricordata. Ancora una resistenza dell’Io … proviene dal tornaconto della malattia, e che si fonda sull’inclusione del sintomo nell’Io … corrisponde alla lotta che l’Io conduce contro la rinunzia a un soddisfacimento o a una facilitazione. La quarta specie di resistenza – quella dell’Es – l’abbiamo attribuita or ora alla necessità della rielaborazione. La quinta resistenza, quella del Super-io … è la più oscura anche se non sempre la più debole; sembra che scaturisca dal sentimento di colpa o dal bisogno di punizione
Da: “Costruzioni nell’analisi” (1937)
“L’intento del lavoro analitico è notoriamente quello di far sì che il paziente rinunci alle rimozioni – nel più ampio senso intese – che risalgono al suo antico sviluppo e le sostituisca con reazioni tali da poter corrispondere a uno stato di maturità psichica. A tal fine egli deve ripristinare il ricordo di determinati episodi, nonché dei moti affettivi da essi suscitati, che al momento risultano in lui dimenticati.